“Il numero uno” e il dossier sui preti gay: l’etica di Francesco Mangiacapra, il più quotato escort d’Italia
Mangiacapra, napoletano,
laurea in Giurisprudenza e una spiccata propensione per il marketing ha subito
capito che quel pezzo di carta gli sarebbe servito poco. Da qui una scelta
certo discutibile ma pur sempre coraggiosa: “Ho preferito vendere a buon prezzo
il corpo piuttosto che svendere il mio intelletto in contesti dove neppure
veniva compreso, - scrive - ho deciso così di rimanere padrone di me stesso e
delle mie scelte sfruttando il mio corpo piuttosto che essere vessato e
sfruttato intellettualmente da altri”.
La sua storia la racconta
insieme a Mario Gelardi in Il numero uno.
Una lunga confessione nella quale viene fuori lo spaccato di un numero
spropositato di uomini insospettabili che si rivolgono a Mangiacapra, il più
quotato escort gay d’Italia. È Napoli, la città di Mangiacapra, che fa da
sfondo alle vicende – scabrose ma, a quanto pare autentiche – nelle quali padri
di famiglia, stimati professionisti e, appunto, prelati, si rivolgono per avere
“trattamenti particolari” da un ragazzo che ha deciso di fare della
prostituzione il suo mestiere. La laurea conseguita e un’intelligenza vivace lo
hanno aiutato a “vendersi” al meglio, sbaragliando ogni possibile concorrente:
dagli annunci studiati nei dettagli alle strategie di marketing fino a dichiarare
qualche anno in meno e ad un particolare prendersi cura del cliente che,
facendolo sentire unico – sereno, accolto, compreso, creduto… -,
inevitabilmente lo fidelizza.
Mangiacapra è consapevole
di essere il migliore, è stato ospite di talk show e trasmissioni televisive
che ne hanno amplificato l’immagine ma, soprattutto, il suo dossier ha riacceso
i riflettori sulle sua esperienza: “Non è un gesto che va contro la Chiesa
cattolica, anzi, è paradossalmente a suo favore. – ha dichiarato alla stampa -
Il mio libro ed il contenuto del file che ho consegnato a Napoli vogliono
portare alla luce delle realtà palesemente in contrasto agli obblighi che
impone l'abito talare”.
Il
numero uno riporta la descrizione di un Capodanno romano trascorso
dall’autore alcuni anni fa all’interno di un’università cattolica durante un
festino organizzato da un monaco, economo di una delle facoltà dell’ateneo -
padrona di casa e regina assoluta della serata, estroso e ridanciano.
“(…) Lui organizzava
feste per preti, militari gay, giovani avvocati della Sacra Rota e un ristretto
numero di simpatizzanti: un’enclave protetta. Per loro non erano incontri
sessuali, ma di libertà, feste in cui potevano essere se stessi e conoscere
ragazzi “borghesi” gay. Il mio contatto era proprio un militare, amico dei
preti.
Mi ritrovai catapultato
in un campionario umano incredibile”.
Uno stile diretto e
descrizioni fedeli squarciano quel velo che cela consuetudini squallide in un
contesto del tutto inappropriato.
Mangiacapra si è messo in
gioco, prima con Il numero uno poi
con il dossier, lasciando comunque venir fuori un’etica che sicuramente non
tutti quelli che hanno intrapreso la sua stessa strada possiedono.
Rossella Montemurro