"Violet", Agnese e il suo silenzio assordante. Intervista allo scrittore Davide Cavazza
“La
sua bellezza intensa provocava nelle persone attrazione, invidia, ossessione e
competizione. Veniva sempre soppesata in un certo modo dallo sguardo delle
donne e concupita da quello degli uomini. Con questi l’atteggiamento di dominio
era divenuto ben presto l’unico modo di porsi, una scelta obbligata da
attenzioni non volute e moine stucchevoli. Una scelta obbligata soprattutto da
se stessa”.
È un
silenzio assordante quello che avvolge Agnese. Il suo mutismo, un muro
invalicabile, una corazza – forse – verso il mondo esterno. Poi, la sera,
Agnese si trasforma per diventare Violet, incantare il pubblico di un locale
con la sua voce e fuggire via con una preda scelta a caso – un uomo ogni volta
diverso da “usare” per una notte.
Le
omelie di Don Antonio, invece, sono ficcanti. I suoi occhi scrutano i fedeli ma
non c’è mai condanna, solo amore e indulgenza.
““Nel
periodo pasquale, e oggi in particolare, Gesù ci insegna che non si muore. Non
si muore se si crede nel Padre suo. Non si muore se ci si rivolge a Lui con
l’anima colma di umiltà”.
Non si
muore, pensò Agnese. Ci voleva proprio una fede smisurata. Che lei non aveva.
Agnese pensò che ci voleva anche coraggio. Ci voleva proprio un bel coraggio da
prete per mettersi a studiare per dieci anni e poi acquisire il potere di
parlare come Ministro di Dio di dire dal pulito quali sono i comportamenti del
buon cristiano. Ci voleva proprio un bel coraggio per fare la morale alle persone,
per nascondere dietro a una croce un uomo in carne e ossa, un uomo che non vive
una vita vera. Un uomo che confina i suoi sentimenti tra le mura di pietra
spesse di una chiesa”.
Federico
Brandi è uno psicoterapeuta prearato e scrupoloso: è quando Agnese diventa sua
paziente che la deontologia professionale la mette da parte - da un lato per il
desiderio di aiutare la ragazza, dall’altro perché ne è soggiogato.
Sono loro i protagonisti di Violet (Leone editore) di Davide Cavazza, un libro di contrasti e
rivelazioni, di scelte estreme che si rivelano vitali, di personaggi che
sembrano fragili ma hanno grinta da vendere. Cavazza ha scavato nella psiche di
Agnese, Don Antonio e Federico senza aver paura di andare a fondo, di toccare
con mano tutte le incongruenze del dolore. Violet ha una trama in
crescendo, tragica e bellissima allo stesso tempo.
Come è nata la trama di Violet?
“Violet è nata dalla volontà di parlare
del silenzio, tema molto complesso da rappresentare con le parole. Ho cercato
di scrivere una storia in cui le sensazioni e le emozioni dei protagonisti
possano avere lo stesso spazio delle parole, nel corso della narrazione. Un
meccanismo che coinvolge subito il lettore. E’ un silenzio che urla, un
silenzio che conduce verso un finale sorprendente”.
Agnese è piena di contraddizioni: passa le giornate in
un silenzio tormentato e, solo di notte, la sua voce si esprime nel canto; ha
una vita in apparenza morigerata e non esita ad adescare uomini… Quanto è stato
difficile descrivere una donna così controversa?
“Agnese è una
donna tormentata. Custodisce un segreto che la dilania. Descrivere la sua anima
e le sue giornate è stato complicato, ma anche assai interessante. Ho indagato
le pieghe del suo cuore e dei suoi desideri, cercando di capire come rendere la
massima intensità di ciò che lei prova. Il suo dolore e la sua speranza sono il
motore del romanzo”.
La religione e la musica sono il filo conduttore di Violet. Gran parte di Violet è improntata proprio sulla
religione cattolica: ha dovuto approfondirla in maniera particolare per la
stesura del suo romanzo?
“Sì. Ho letto
molto, documentandomi specialmente sulla Settimana Santa, periodo di
svolgimento del romanzo, e sulla figura del Cristo. Gesù, sia dal punto di
vista religioso che storico. È una personalità straordinaria e unica.
Riscoprire il suo messaggio è stato davvero bello. Le sue azioni e le sue
parole hanno avuto una forza rivoluzionaria, e lui è stato davvero il più
grande ribelle della storia”.
Diventare padre l’ha in qualche modo influenzata per
scrivere Violet?
“Diventare padre
influenza tutto. Essere genitore mi ha aiutato nella stesura del romanzo,
perché l’ottica di chi protegge, ripara e ama è un modus che può caratterizzare
alcuni tratti dei personaggi. Ed è una condizione molto classica per uno
scrittore, che interpreta la realtà e cerca di comprenderla, senza giudicarla,
facendo emergere ciò che essa esprime in maniera forte e realistica. Adottare
questo stile è un pò come adottare un bambino: serve molto amore, molta cura, e
nel contempo ci si deve affidare al destino, in maniera tenace e positiva”.
“Diciannove” indica un orario particolare per la
protagonista. Anche nel suo romanzo precedente, Diciannove Novantuno, i numeri avevano una particolare importanza.
Come mai?
“Ci sono alcuni
fili sottili che legano tutti e tre i miei romanzi. E in ciascun nuovo romanzo
compare un personaggio del precedente. E’ un modo per caratterizzare le mie
storie e la mia scrittura. I numeri forniscono un universo ricchissimo al quale
attingere. Possono piegarsi alle diverse esigenze narrative e fissare
l’attenzione su particolari precisi, che poi cadenzano un ritmo all’interno del
romanzo stesso. Numeri, parole e colori costituiscono la cassetta degli
attrezzi che uno scrittore ha. La loro scelta dà vita alle scene che vengono
costruite sulla pagina. In Violet le
diciannove di ogni giorno rappresentano per la protagonista Agnese il momento
cruciale della sua giornata, quello più atteso e desiderato…”
Davide Cavazza,
classe ’72, ha coordinato per Amnesty Italia numerose campagne su paesi e temi,
tra cui: Non sopportiamo la tortura, Io non discrimino, Mai
più violenza sulle donne, Control Arms.
È coautore di
numerose pubblicazioni sui diritti umani: Liberi di essere (ECP,
1998), edizioni dal 2000 al 2005 del Rapporto Annuale di
Amnesty International (versione italiana), Disegni di guerra (EMI,
2000, per Coopi), Non chiamarmi soldato (EGA, 2002, per
Caritas Italiana), Kalami va alla guerra (Ancora, 2006).
Ha ideato e
coordinato con Rizzoli Libri Illustrati la redazione dei volumi: Non
sopportiamo la tortura (2000), Razzismo. Il colore della
discriminazione (2003) e Donne. Il coraggio di spezzare il
silenzio (2004), con prefazioni originali di Luis Sepúlveda, Moni
Ovadia e Dacia Maraini.
Ha collaborato con
ASVI per la pubblicazione della Guida internazionale alle professioni e
al lavoro nel non profit (EMI, 2005). È curatore del libro Campagne
per le organizzazioni non profit (linka
/chi-siamo/libri/campagne-per-le-organizzazioni-non-profit ) (EMI, 2006). Per
Leone editore ha pubblicato anche La gabbia e Diciannove Novantuno.
Rossella Montemurro