"Aspettando i Naufraghi" in un romanzo visionario: Orso Tosco e il significato della speranza, nonostante tutto


“Il silenzio che calò sopra il gruppo era molto più rumoroso del chiacchiericcio che l’aveva preceduto.
Nulla è denso quanto il silenzio che anticipa un’esecuzione. E tutti i presenti, scoprendo che i naufraghi li stavano raggiungendo in gran numero, furono immediatamente certi di essere in punto di morte. Si trovavano infatti su una piaggia pietrosa circondata da rocce aguzze e ripide – la vedetta era appollaiata sopra uno di questi spuntoni di roccia – e la loro unica via di fuga coincideva con la via da cui stavano arrivando i Naufraghi”.
È visionario, carico di morte – dove la morte è sospesa tra la ricerca di essa e l’attesa - e interrogativi che rimangono senza risposta. Aspettando i Naufraghi (minimum fax, collana Nichel) di Orso Tosco è un esordio complesso e pieno di spunti di riflessione.
I Naufraghi – una setta, un gruppo di invasati? – si esprimono solo tramite azioni sempre contraddistinte dalla violenza, hanno abbandonato ogni comunicazione verbale. Ovunque arrivino portano solo distruzione e morte.
Non si sa cosa è accaduto prima né si conosce il perché del loro atteggiamento. Massimo, l’unico sopravvissuto – sopravvissuto perché non ha premuto il grilletto - a un suicidio collettivo per sfuggire ai Naufraghi – alla morte – si rifugia in un posto che paradossalmente trasuda morte: la struttura nella quale è ricoverato il padre, l’Hospice San Giuda, un sanatorio incastonato tra le valli di un entroterra che somiglia molto a quello ligure. Massimo non ha mai accettato la malattia del genitore eppure, in extremis, adesso è di lui che ha bisogno.
L’Hospice ha in sé un caleidoscopio di individui sui generis: un timido chirurgo morfinomane, il Dottor Malandra; un infermiere, alcolista e ultras, Guido; una suora in lotta contro la felicità e contro il proprio passato, Olga. È da loro che scaturisce una disperata verità: ci può essere speranza senza speranza. 
Lo stile di Orso Tosco è caustico e immaginifico, pieno di echi cinematografici e suggestioni letterarie in grado di riassumere un’unica grande lezione: c’è sempre qualcosa che ci spinge a vivere, nonostante tutto.
L’autore, scrittore e sceneggiatore, ha pubblicato racconti su Watt e altre riviste.
Rossella Montemurro

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