"Restare vive", la forza dell'amicizia nel dramma della malattia. Nel romanzo di Victoria Redel il dibattito sul fine vita



“(…) Il silenzio di Molly sulla scelta di Anna non era un insulto agli uomini morti per mancanza di farmaci. Questa era una scelta oltre la medicina. L’unità di misura di quello che per Anna era accettabile come vita. (…)”.
Restare vive (Einaudi, traduzione di Paola Brusasco) di Victoria Redel è un libro che celebra l’amicizia e che con garbo e senza riserve si insinua nel dramma della malattia. Il dibattito sul fine vita, il dilemma tra i protocolli della medicina o le cure palliative sono al centro della trama: cinque amiche (Anna, Helen, Caroline, Molly e Ming), una grande casa piena di ricordi e una speciale festa d'addio.
Il legame delle cinque donne, non più giovani, è iniziato quando frequentavano la prima media. Le “Vecchie Amiche” – così amavano chiamarsi – insieme hanno attraversato una vita: i matrimoni, i figli, il lavoro, le crisi… Quando Anna si ritrova faccia a faccia con lo spettro della malattia, dopo anni trascorsi, da guerriera, a combatterla, non se la sente più di fronteggiare un nemico così insidioso e crudele. Accanto ha l’ex marito e le amiche più care, non tutte d’accordo con la sua decisione ma tutte alla ricerca del modo migliore per starle accanto negli ultimi momenti. In questa cornice struggente, riaffiorano i ricordi, le avventure vissute insieme, la nostalgia del passato e l’incertezza del futuro. Perché se Anna va incontro al suo destino con molta consapevolezza, le altre donne pur continuando a vivere dovranno colmare un vuoto enorme. Come Helen, che sta per sposare Asa, è pronta a ricominciare ma si sente terribilmente in colpa nei confronti di Anna.
“Abbassò lo sguardo su una spruzzata di macchie dell’età, chiazze marroncine che le erano comparse sulle mani. Alla secchezza squamosa e al colore raggrumato sotto le unghie era abituata, ma quando le erano venute quelle mani da vecchia? Era tutto fuori fase. Anna stava morendo e lei si era innamorata. E ora si sposava. Dentro la casa la sua migliore amica stava morendo, mentre lei era una donna di mezza età pronta a intraprendere una nuova vita. Vecchia o no, il solo pensiero di Asa le dava un senso di vertigine, felicità, un fremito incontrollabile. Vivo e bramoso, così era il suo corpo. Cristo santo, il corpo innamorato era ridicolo e pieno di speranza. Anna sarebbe morta e Helen avrebbe detto: «Sí, lo voglio».”
Quella di Restare vive non è una trama scontata e strappalacrime ma un racconto delicato che, parlando di morte esalta la vita, la speranza, il valore dell’amicizia.
Victoria Redel vive e lavora a New York, dove insegna al Sarah Lawrence College. È autrice di tre raccolte di poesie e di quattro romanzi acclamati dalla critica. Tra gli altri, scrive per il «New York Times», per il «Los Angeles Times», per «Elle» e per «Granta».

Rossella Montemurro

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