"Breve storia del mio silenzio", i ricordi di Giuseppe Lupo narrati con un'eleganza stilistica fuori dal comune
Giuseppe Lupo è uno
scrittore che ha fatto del garbo e dell’eleganza stilistica il suo tratto
distintivo.
Nei suoi romanzi ci sono
trame delicate ed è sempre un piacere leggere perché non hanno estremismi né
descrizioni forti ma una finezza che incanta.
Breve storia del mio
silenzio (Marsilio) racconta un particolare momento dell’infanzia trascorsa
dall’autore ad Atella, quando l’arrivo della sorellina scombussola la
quotidianità del bambino. L’“intrusa”, che inevitabilmente cattura le attenzioni
di tutti, scatena sul piccolo una reazione inaspettata: diventa afasico,
non riesce più a parlare. La comprensibile preoccupazione dei genitori e dei
familiari li porta in un pellegrinaggio continuo tra medici, ognuno con la
sua particolare ma inefficace cura - l’aria aperta, il mare, dover buttar via il ciuccetto…
“Ogni frase pareva un
ponte sospeso sull’abisso. L’abisso era il silenzio e le parole erano appese al
filo che ci penzolava sopra. Parlare era come salire su una funivia agganciata
a questo filo: ci si lasca andare nel vuoto e via con le lettere, una dietro
l’altra.
Io pensavo a quel che
dovevo dire, prendevo fiato e partivo, poi tentennavo. Non mi sentivo pronto a
compiere la traversata sull’abisso, La ruggine impediva alla funivia di
correre. Mia madre si disperava, mio padre confidava nella pedagogia”.
Il miracolo, invece, lo
farà la scrittura e le suggestioni letterarie amorevoli della mamma, maestra
come il papà. La loro è una casa che trasuda cultura, in Breve storia del mio
silenzio c’è una carrellata di personaggi noti (lucani - Vito Riviello,
Sinisgalli, Giuseppe Antonello Leone, Maria Padula - e non) e c’è una spiccata
propensione verso la cultura che inevitabilmente si riflette anche sui figli.
Il romanzo è anche uno
spaccato delle trasformazioni che hanno interessato la Penisola e la Basilicata
in particolare dagli anni Sessanta alla fine del Novecento, comprese alcune
delle pagine di cronaca più dolorose, come il terremoto del 1980.
Breve
storia del mio silenzio, la continuazione ideale de Gli anni del nostro incanto (Marsilio), ha
un’incredibile carica emozionale. Le ultime pagine sono un omaggio a Cesare De
Michelis, editore prematuramente scomparso, molto stimato da Lupo.
Giuseppe Lupo è nato
in Lucania (Atella, 1963) e vive in Lombardia, dove insegna letteratura
italiana contemporanea presso l’Università Cattolica di Milano e Brescia. Per
Marsilio, dopo l’esordio con L’americano
di Celenne (2000; Premio Giuseppe Berto, Premio Mondello), ha pubblicato Ballo ad Agropinto (2004), La carovana Zanardelli (2008), L’ultima sposa di Palmira (2011; Premio
Selezione Campiello, Premio Vittorini), Viaggiatori
di nuvole (2013; Premio Giuseppe Dessì), Atlante immaginario (2014), L’albero
di stanze (2015; Premio Alassio-Centolibri) e Gli anni del nostro incanto (2017; Premio Viareggio Rèpaci). È
autore di numerosi saggi e collabora alle pagine culturali del Sole 24 Ore e di
Avvenire.
Rossella
Montemurro