"Troppo lontano per andarci e tornare" di Stefano Di Lauro: un romanzo classico, nel senso più bello del termine


 


 
Un romanzo classico, nel senso più bello del termine: è Troppo lontano per andarci e tornare (Exòrma) di Stefano Di Lauro, da fine ottobre in libreria.
Il 31 dicembre 1899 il piroscafo mercantile Holy Steam salpa dal porto di Le Havre alla volta di Buenos Aires. Nella stiva del vapore viaggia il piccolo circo Au Diable Vauvert, da una locuzione francese che designa luoghi vaghi, lontani: un po’ come “in capo al mondo”. A dispetto del nome esotico, in realtà è la prima volta che i circensi lasciano la Francia, ma il loro spettacolo e le loro stesse esistenze sono descritte da subito come un lungo viaggio pieno di biografie bizzarre e tortuose, così come evocativi sono i nomi scelti per i vari personaggi tra cui Orlando, Nounours, Chouchou, quasi dei nomi “parlanti”.
La narrazione, che si iscrive perfettamente nella tradizione della letteratura di viaggio tra settecento e ottocento, gioca tra passato e presente, racconta la vita di Au Diable Vauvert prima della partenza, cogliendone il culto della meraviglia sulle strade di Francia e torna puntualmente alla stiva e al piroscafo, con perfette scene di vita di bordo. Se da un lato l’autore delinea Au Diable Vauvert come un porto sicuro per gli artisti che ne fanno parte e sottolinea come sia la famiglia che ci si sceglie, il solo luogo in cui la diversità di ciascuno non ha bisogno di schermirsi, e dove anche l’amore si manifesta come rispettosa protezione fra reciproche solitudini; dall’altro - con una scrittura pulita e precisa, piena di riferimenti letterari (da Racine al fantasma di Montaigne all’ombra di Melville, evocata dal Marcel Schwob, uno degli scrittori più interessanti della scena patafisica francese, singolare e solitario spettatore di una delle rappresentazioni al simbolismo della balena come possibilità, che si svolge per tutto l’arco narrativo) una trama pregna dei grandi archetipi letterari quali il viaggio, l'avventura, le peripezie, l’altrove - rivendica un universo letterario più ampio e originale, in cui alle cronache di viaggio e ai racconti sui personaggi affianca affreschi storici dello spettacolo itinerante, cartoline di luoghi memorabili: Biarritz, Arles, Vauvert, gli angiporti di Marsiglia, i villaggi rivieraschi sulle sponde della Loira, il villaggio algerino di Bou Saada alle porte del deserto sahariano, il Boulevard du Crime, offrendo al lettore un variopinto affresco della Francia fin-de-siècle colta dalle sordide periferie punteggiate di vicoli ambigui.
  Stefano Di Lauro è autore, regista e compositore. Ha pubblicato "Eroine nient’altro da dichiarare" (2012) e "Dittico dell’amore osceno" (2011) per Shamba Edizioni; "La mosca nel bicchiere - La poetica di Carmelo Bene" (Icaro, 2007); "Opere" (Besa, 2006).
Come regista teatrale ha lavorato in Italia e all’estero. Autore di testi teatrali, adattamenti di opere straniere e riscritture di classici, ha anche realizzato opere di video-arte e documentari, e scritto musiche di scena affiancando numerosi progetti musicali e discografici. Ama i miti e per questo si definisce un mitonauta.

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