"Tredici canti (12+1)" di Anna Marchitelli, autobiografie di folli: "Volevo restituire voce a uomini e donne caduti nell'invisibilità ancor prima di morire"


Sono piccoli gioielli di rara bellezza e finezza stilistica le autobiografie dei Tredici canti (12+1) (Neri Pozza, Piccola Biblioteca) di Anna Marchitelli. Un libro complesso che raggruppa 13 storie di folli, dalla riscrittura romanzata delle cartelle cliniche dell'ex manicomio Leonardo Bianchi di Napoli (un archivio che, dalla fine del 1800, contiene 60mila cartelle). La scrittura empatica e delicata della Marchitelli accompagna il lettore nell’inferno privato di 12 persone, 12 pazienti di quell'edificio simile a una fortezza, chiuso nel 1978 dalla legge Basaglia n. 180.
 “L'urgenza – spiega l’autrice - è stata quella di restituire voce a uomini e donne che sono caduti nell'invisibilità ancor prima di morire e che, consegnando il loro ultimo grido di verità, possono lasciarsi morire in pace o rinascere ancora. Di qui la scelta del 13, simbolo di morte, trasformazione e rinascita”.
“Un giorno il sangue non arrivò a benedirmi in mezzo alle gambe e credetti di essere incinta. – si legge - Mi bastarono tre giorni per formulare tutto il corollario della maternità: dalla sistemazione della culla al sesso del bambino, dalla paura del parto alla meraviglia di una creatura tra le braccia. E soprattutto iniziai a comunicarlo al resto del mondo attraverso la manifestazione di umori ballerini, frasi ambigue e richieste di affetto. Noi donne sappiamo bene di non poter urlare a gran voce le convinzioni che si basano su sensazioni, ci prenderebbero per pazze e ci rinchiuderebbero, oppure ci brucerebbero vive come streghe ma noi siamo sempre donne e sempre streghe restiamo. (….)”.
Come Michela Maria Guarino, la gravida, nel 1871, trentatreenne, rinchiusa nel manicomio perché ossessionata da una maternità che non arriva eppure certa, ogni volta, di essere incinta, parlano tutti in prima persona i protagonisti di Tredici canti. Fanno tenerezza o mettono i brividi le loro storie, tredici casi di pazienti celebri - il matematico Renato Caccioppoli, il primo pentito di camorra Gennaro Abbatemaggio, l’anarchica Clotilde Peani e il giovane ribelle Emilio Caporali -  e meno celebri - l’avvocato Virginio Mogliazza morto con i suoi 33 anni cristici dopo aver bevuto vino. Tredici canti in cui la follia, con le sue misteriose e divine manifestazioni, illumina il lato oscuro di un secolo.
Afferma la Marchitelli: “Ovviamente nella scrittura – che è stato un vero e proprio dialogo con i morti, con le ombre e con l'Ombra – forte è stata la suggestione del luogo che ho frequentato per anni. L'ex manicomio – ma tutti lo sono allo stesso modo – è stato un luogo di morte, ma pulsa ancora di vita. Eppure, questa cittadella di 220mila metri quadrati, scrigno di memorie capace di esercitare un paradossale fascino, probabilmente non resisterà a lungo (la gran parte probabilmente verrà messa in vendita). E dunque non tutti potranno ancora avere l'opportunità di confrontarsi con questa città del dolore dove è passata la storia di Italia e del Mezzogiorno in particolare.
Il pensiero costante che mi attraversa è che la follia non sia un concetto relegato al manicomio o ad anni bui in cui regnavano pregiudizi e ignoranza, ma è quanto mai attuale, perché la follia nasce lì dove viene impedito all'individuo di essere ciò che è, aderendo alla propria natura e alla propria unicità: quando all'individuo viene sottratta questa libertà di essere – sia essa espressione di genialità, manifestazione artistica o anche semplicemente rivelazione di sentimenti veraci – allora la spinta all'individuazione (nel senso junghiano del termine) si trasformerà in patologia; di qui le manie, le ossessioni e le nevrosi dell'epoca attuale”.
Certo non si rimane indifferenti dopo aver letto Tredici canti. La sofferenza è tangibile in queste storie profonde, di gente che ha superato i limiti (ma quali? Quelli dii ciascuno di noi o quelli imposti dalla società?): “Ho affrontato – sottolinea la Marchitelli nella nota conclusiva – le carte dell’ex manicomio Leonardo Bianchi con coraggio e spavento, entusiasmo e responsabilità, ho constatato l’indifferenza delle istituzioni e riscontrato la presenza di questo luogo nella memoria di chiunque, oltre qualsiasi immaginazione”
Anna Marchitelli (1982) è nata, vive e lavora a Napoli. Si è laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Collabora con le pagine della cultura e dello spettacolo per il Corriere del Mezzogiorno. Dal 2010 al 2016 ha collaborato, nelle stesse pagine, con la Repubblica (edizione di Napoli). Nell’ottobre del 2017 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, Certe stanze per Manni Editori.

Rossella Montemurro

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