La vecchiaia, la malattia, i piccoli trucchi per fuggire dalle responsabilità: "La donna capovolta" di Titti Marrone
“Dunque la donna che aveva messo in casa a
badare a sua madre era una specie di intellettuale in incognito. Una creatura
bizzarra, dalla personalità forte con problemi ben più angosciosi dei suoi, che
sui suoi giganteggiavano. Specchiarsi in lei, pur così poco accomodante,
capovolgere la propria immagine in quella di Alina significava accedere a
latitudini di sofferenza mai nemmeno immaginate…”
Il nuovo scritto di Titti Marrone, La donna capovolta (Iacobelli Editore)
affronta un tema di scottante attualità: il rapporto di una donna con la
badante di sua madre, toccando quindi anche il tema della difficoltà
nell’accoglienza a un tipo di migranti che crediamo ben integrati.
Eleonora è una filosofa, insegna studi di
genere, frequenta amici intellettuali e progressisti, ha un marito narciso e
una figlia all’estero. Tutto bene? No, non proprio, perché – complice l’età che
avanza – Eleonora si trova in preda a una sorta di spaesamento interiore. Forse
perché ha un’anziana madre demente da accudire. Ed ecco l’incontro con Alina, una
efficientissima badante moldava. Il confronto tra le due donne – che fanno
entrambe perno sulla terza, la vecchia madre – è come una deflagrazione: si
specchiano l’una nell’altra e si detestano per questo. Pensano di essere
diversissime, invece sono accomunate dall’attitudine al controllo delle vite
altrui e via via da una reciproca dipendenza che non riescono a tollerare.
Entrambe si trovano d’un tratto a essere capovolte: cioè tradite, deluse dove
meno se l’aspettavano, perdendo l’illusione di dominio delle esistenze
familiari. E nello scritto di Titti Marrone ciascuna racconta la sua esistenza
direttamente, per la sua parte, in brevi, spietati e a volte ironici lampi di
coscienza contrapposti: un susseguirsi di personaggi e d’involontaria feroce comicità
sulla vecchiaia, la malattia, i piccoli trucchi per fuggire dalle responsabilità.
Titti Marrone, napoletana, giornalista, è
autrice di vari libri tra i quali Il
mestiere di regista teatrale (Marcon 1991), Controluce (Pironti 1992) scritto con Gustaw Herling, Il sindaco (Rizzoli 1996), il reportage
narrativo sulla Shoah Meglio non sapere
(Laterza 2003, ultima edizione gennaio 2019) e il romanzo Il tessitore di vite (Mondadori 2013). Dal 1996 insegna Storia e
tecniche del giornalismo. Ha curato la raccolta di racconti Ho sete ancora. 16 scrittori per Pino
Daniele per i tipi della libreria popolare Iocisto, di cui è socia
fondatrice.