"Almarina", una promessa di futuro in un presente schiacciato dal vuoto: è intenso e struggente il nuovo romanzo di Valeria Parrella
“Almarina mi consegna la
sua speranza e io sbaglio.
Ma non è che si possa
rifiutare. Quando entri qui dentro non puoi rifiutare più nulla, i detenuti di
Nisida non ti chiedono il permesso di maltrattarti o accoglierti. C’è stata una
ragazza seduta di fronte a me per anni, finché l’età non se l’è portata via a
marcire le mestruazioni in chissà quale cella: aveva gli occhi scoppiati delle
rane d’inverno. E un’altra, invece, teneva nello sguardo la colpa del suo
crimine come un cavallo il suo giogo. I loro reati si dicono in due frasi,
quelle che loro non possono pronunciare mai, manco con noi insegnanti. Sono
racconti sussurrati in sala professori mentre si scalda il caffè sul fornellino
elettrico. E quando la collega di lettere ce li dice, noi ascoltiamo e ci
guardiamo senza pena né rabbia né disappunto né orrore né solidarietà né per le
vittime né per i carnefici. Noi prendiamo questi faldoni e li riponiamo nel più
remoto archivio della memoria e dopo nascondiamo la chiave. La nostra speranza,
credo, è che quel giorno, ora lontano, in cui avranno scontato tutta la pena,
tornerà loro nelle man questa chiave. E dagli archivi spalancati voleranno
fogli bianchi senza più inchiostro sopra, immacolati, come il bucato stesso
alle terrazze”.
È una storia delicata e
profonda, Almarina (Einaudi) di
Valeria Parrella, narrata in prima persona da Elisabetta Maiorano, cinquantenne
insegnante di matematica. I suoi studenti sono i giovani detenuti nel carcere
minorile di Nisida. Ed è proprio lì, in quel mondo a parte che priva della
libertà, che lei – paradossalmente – si sente libera. Ogni mattina sopporta i
controlli, chiude la sua borsa fuori e si dedica completamente a quei ragazzi.
Irraggiungibile dall’esterno, ha perso anche le telefonate che l’avvisavano
della morte improvvisa di suo marito Antonio.
Adesso Elisabetta è nel
carcere che si sente bene, sospendendo il giudizio durante le lezioni a quei
ragazzi in cerca, forse, di redenzione. Quando arriva una nuova allieva,
Almarina, andando contro ogni regola – non scritta – di istituzioni simili,
Elisabetta le si affeziona tanto. Troppo. Almarina è quella figlia mai avuta – neanche
entrando nel vortice burocratico delle adozioni -, è un’altra disperata
solitudine così smile alla sua. Almarina è una promessa di futuro in un
presente schiacciato dalla routine e dal vuoto. Almarina è il calore di una
famiglia e non l’illusione di uno sguardo – quello del comandante della Polizia
penitenziaria - che indugia un po’ più a lungo su Elisabetta: è un’illusione,
appunto, perché lui è sposato, mentre Almarina, nonostante tutto il dolore che
ha dentro, potrebbe davvero starle accanto. E lei, Elisabetta, ha una promessa
da mantenere: rintracciare quel fratellino dal quale l’hanno separata.
«Vederli andare via è la
cosa più difficile, perché: dove andranno. Sono ancora così piccoli, e
torneranno da dove sono venuti, e dove sono venuti è il motivo per cui stanno
qui».
Con uno stile che, senza
soluzione di continuità, alterna passato e presente, ci rendiamo conto che
Almarina diventa per Elisabetta quello slancio vitale che la donna, rimasta
vedova, aveva perso rannicchiandosi in se stessa.
Il finale è aperto e
lascia spazio a qualsiasi interpretazione, in modo particolare perché, come scrive
la Parrella: «Tutto ciò che scegliamo si rivelerà sbagliato se saremo tristi, e
giusto se saremo felici».
Bello, intenso, poetico e
struggente, Almarina è un invito a
lasciarsi andare, a osare, a cercare luci anche nel buio più profondo.
Valeria Parrella è nata
nel 1974, vive a Napoli. Per minimum fax ha pubblicato le raccolte di racconti mosca piú balena (2003) e Per grazia ricevuta (2005). Per Einaudi
ha pubblicato i romanzi Lo spazio bianco
(2008, 2010 e 2018), da cui Francesca Comencini ha tratto l'omonimo film, Lettera di dimissioni (2011), Tempo di imparare (2014), la raccolta di
racconti Troppa importanza all'amore (2015),
Enciclopedia della donna. Aggiornamento
(2017) e Almarina (2019). Per Rizzoli
ha pubblicato Ma quale amore (2010),
ripubblicato da Einaudi nei Super ET nel 2014. È autrice dei testi teatrali Il verdetto (Bompiani 2007), Tre terzi (Einaudi 2009, insieme a Diego
De Silva e Antonio Pascale), Ciao maschio
(Bompiani 2009) e Antigone (Einaudi
2012). Per Ricordi, in apertura della stagione sinfonica al Teatro San Carlo,
ha firmato nel 2011 il libretto Terra su
musica di Luca Francesconi. Ha inoltre curato la riedizione italiana de Il Fiume di Rumer Godden (Bompiani 2012).
Da anni si occupa della rubrica dei libri di «Grazia» e collabora con
«Repubblica».
Rossella Montemurro