"Non mi sono mai piaciuta": il tunnel dell'anoressia, la droga e poi la rinascita. Valentina Dallari si racconta

 
La passione per la musica e l’incubo di non piacere, i riflettori della ribalta e le delusioni del dietro le quinte, il fascino del mondo della moda e la spietatezza delle sue regole. E poi la percezione distorta del proprio corpo, la droga - tanta, anestetico per sentirsi, probabilmente, più forte, più sicura. Perché se c’è una cosa che si avverte leggendo Non mi sono mai piaciuta (Piemme) di Valentina Dallari è proprio la fragilità di questa ragazza che - parole sue - ha sempre vissuto a nervi scoperti: “Niente scivolava addosso a Valentina. Ogni cosa si incastrava in tutti gli angoli remoti della mia anima, e diventava immediatamente un ottimo strumento di tortura”. 
Bolognese, classe ’93, ha partecipato come tronista a "Uomini e donne", e nel gennaio del 2018 ha confessato di avere iniziato le cure per combattere l'anoressia, supportata dal fidanzato e dalla famiglia. Dopo aver vinto la sua battaglia ha aperto un blog (In her shoes) dedicato all'argomento. Oggi è una affermata dj, ha coronato il suo sogno – «Mi immaginavo in console, con la folla impazzita aggrappata alle transenne.  Ho sempre voluto comunicare come tutti, solo che volevo farlo attraverso la musica. Non l’ho scelto, sono nata per questo. La notte è sempre stata la mia musa.  L’ho sempre amata. Amata e odiata, ma era comunque stata la mia casa quando non sapevo dove andare. Era la mia famiglia e mi ha accolta come una delle tante figlie di “nessuno” » - dopo averne passate davvero tante.
In prima persona, racconta tra le pagine del suo libro d’esordio un’infanzia vissuta all’ombra di una sorella modello, con il timore di una madre piuttosto rigida, a volte inflessibile.
 «Se mi affezionavo era per sempre, ero gelosa delle mie amiche… Avevo paura che quell’emozione potesse scivolarmi dalle mani e svanire nel nulla. Avevo bisogno dell’affetto altrui perché io non sapevo darlo a me stessa. Avevo certe consapevolezze che nessuna bambina di quell’età dovrebbe avere». 
Ed è nell’infanzia che si annidano le prime insicurezze che poi, da adulta, tenderanno a essere rimosse con atteggiamenti di sfida, border line e pesantemente autolesionistici. Dall’uso di sostanze stupefacenti al tunnel dell’anoressia («Pesavo 37 chili, mi sono messa a piangere ma ero felice.»), dalle amicizie sbagliate alla fiducia incondizionata nel prossimo, quasi mai ricambiata. Modella “sospesa” dal lavoro perché troppo grassa (una taglia a metà tra 40 e 42!), messa all’indice dal suo partner nella trasmissione “Uomini e donne”, in fuga perenne – in primis da se stessa -, Valentina ha un rapporto malato e distorto con il proprio corpo. Non si piace (lo stesso titolo del libro, Non mi sono mai piaciuta, ricorre spesso tra le pagine), pur essendo bella. Solo la musica la conforta, le dà pace, è il suo guscio protettivo ma, prima di diventare dj, il percorso sarà tortuoso: accanto a compagni indifferenti, chiusa, annientata dai problemi con il cibo.
Non mi sono mai piaciuta è scritto senza filtri ed è così che arriva al lettore: diretto. È una storia vera nella quale Valentina, dopo essersi annientata, a un passo dal baratro decide di rinascere. Il personaggio è controverso, sfacciato però autentico - soprattutto quando racconta lo sfaldarsi di un corpo che voleva domare e che invece, complice l'istinto di sopravvivenza, si è ribellato: Valentina si può amare o odiare, di certo dopo aver letto il suo libro non si rimane indifferenti.

Rossella Montemurro

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