"La donna giusta" e il coraggio di chi decide di vivere i sentimenti al di là di ogni convenzione. Intervista alla scrittrice materana Caterina Ambrosecchia


 
I luoghi del Sud come luoghi dell’anima, un viaggio nel passato per comprendere e mettere ordine nella vita di tre donne, l’introspezione, la forza spiazzante dei sentimenti e il peso del non detto.
La donna giusta (Gelsorosso edizioni)  della professoressa materana Caterina Ambrosecchia, è stato definito un “romanzo che racconta il bisogno d’amore, i modi per pervenire a quest’esito, il coraggio di chi decide di vivere i sentimenti al di là di ogni convenzione, le meschinità degli esseri umani, la difficoltà a esprimere le emozioni, la ricerca dell’identità attraverso la conoscenza delle proprie radici e tutte le complesse esperienze umane: la gioia, il dolore, la speranza, l’ubbidienza e la trasgressione”.
 
Come è nata la trama del suo romanzo d’esordio, La donna giusta?
La donna giusta è ispirato ad una storia vera su cui ho romanzato inventando personaggi, intrecci e situazioni. Non è una storia autobiografica, non appartiene né a me né alla mia famiglia; si tratta di vicende che in qualche modo ho fatto mie per poterle descrivere in maniera convincente. La storia si snoda su un duplice piano temporale: gli anni Cinquanta e i giorni nostri, epoche diverse che s’intersecano continuamente. Si tratta della storia di tre donne che rappresentano tre generazioni. Le protagoniste Luigia, Libera e Monica, sono legate da un legame di parentela: sono rispettivamente la nonna, la figlia e la nipote. Monica dopo la morte della nonna torna con sua madre nel paese d’origine e dopo il funerale quasi casualmente s’imbatte in una serie di indizi che, messi insieme, costituiscono la prova che sua nonna ha vissuto un’esistenza di cui lei conosce poco o niente. Facendo luce su ciò che sua madre Libera le ha nascosto per vent’anni, scopre se stessa, la sua identità, le sue origini. Il lettore, come Monica, scopre la verità solo alla fine del romanzo.
Ovviamente intorno alle protagoniste ci sono le rispettive famiglie, gli intrighi, gli amori, e le meschinità di numerosi altri personaggi”.
 
Nel suo romanzo le protagoniste sono le donne e le emozioni. Lei è laureata in Filosofia e insegna Scienze umane e sociali e Psicologia. Quanto hanno influito i suoi studi nella stesura della trama?
“Ho sempre avuto curiosità nei confronti delle persone; sin da ragazzina m’imbambolavo ad osservarne i comportamenti. La mia natura riflessiva mi ha condotto verso gli studi filosofici e ad un certo interesse per la psicologia, la psicoanalisi e l’antropologia. Di tutti gli autori che ho incontrato sono stata attratta più che dalle teorie, dalle loro esistenze, spesso tormentate. Sono convinta che le vicende della vita segnino l’individuo. Mi piace pensare, per esempio, che se Freud non avesse avuto una madre tanto più giovane di suo padre, forse non sarebbe giunto a teorizzare il complesso di Edipo.
Il ritratto psicologico dei personaggi è un punto essenziale del mio romanzo. Ho cercato di tratteggiare le loro personalità per evidenziarne le positività e le negatività. I miei studi mi hanno aiutata, ma anche l’esercizio quotidiano che un insegnante fa nei confronti dei ragazzi. Se non li osservi e non entri nella loro vita non hai la speranza che si sentano compresi e che s’impegnino nello studio in modo significativo”.
 
Lei ha all’attivo altre pubblicazioni. Quanto è stato difficile, se lo è stato, misurarsi con un romanzo?
“Prima di questo romanzo ho pubblicato Sedano 40, una raccolta di aforismi e brevi racconti, e Ibraforever, un saggio sul mondo del calcio e della scuola. Non mi ero mai imbattuta in una storia da raccontare, sebbene avessi molto materiale raccolto negli anni. Confrontarsi con una vicenda complessa come quella de La donna giusta, costruire la trama e caratterizzare i personaggi è stato molto stimolante. La cosa più difficile è stata cogliere il punto di vista di ciascuno di loro; per riuscire mi è risultato utile il decentramento, l’uscita da me stessa, l’allontanamento dal mio punto di vista, per diventare credibile e convincente. Ho vissuto con i personaggi, li ho amati, sono stata con loro, li ho nutriti. Ho fatto mia la lezione di Calvino sulla leggerezza perché la storia fosse fruibile, coinvolgente e soprattutto universale. Quando alcuni lettori mi dicono di aver pianto dopo aver letto il mio romanzo perché si sono identificati in un personaggio piuttosto che in un altro o perché hanno rivissuto vicende familiari simili a quelle narrate, ho la prova di essere riuscita nel mio intento. Mi capita di leggere romanzi che vorrei che non finissero mai e me li porto dietro come compagni a cui pensare con affetto: ecco volevo che il mio romanzo fosse così”.
Cosa c’è nel suo futuro letterario?
 
“Per il momento mi dedico alle presentazioni de La donna giusta. Dalla prima presentazione in anteprima nazionale al Salone Internazionale del Libro di Torino dello scorso 20 maggio, sono trascorsi appena quattro mesi. Insieme alla casa editrice che ha creduto nel mio lavoro, la Gelsorosso di Bari, stiamo programmando un ricco calendario di eventi per presentare il romanzo in varie località.
Quanto al mio futuro letterario, c’è un altro romanzo completamente diverso da La donna giusta, giunto quasi al termine, sono nella fase della correzione. Anche questo parla di donne perché mi è più facile entrare nella psicologia femminile. È scritto in prima persona ed è in minima parte autobiografico, anche se tutte le vicende narrate sono frutto di fantasia e non c’è niente di vero in ciò che scrivo”.

Rossella Montemurro

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