"Racconto l`oscenità di una madre che esce fuori dalla scena della maternità per riappropriarsi di un altro sé". "La scordanza", il romanzo d'esordio della materana Dora Albanese
“Ormai la vedeva così: le donne meridionali potevano
amare solo una volta, e quella sola volta doveva durare tutta la vita.
Sbagliare non era concesso. Dovevano mettere al mondo o togliere dal mondo
i figli che non andavano bene – e quell’oscuro mondo femminile, fatto di
decisioni crudeli e penose, gli uomini facevano finta di non conoscerlo
per non essere coinvolti in scelte troppo pesanti. Le donne meridionali,
soprattutto le più anziane, vivevano solo per il bene dei mariti e in funzione
della loro pace: anche i figli venivano dopo”.
Forse è questo che sta stretto a Caterina: le
imposizioni, il dover fare, il dover subire. Caterina è troppo giovane per
vedersi solo moglie ubbidiente – e picchiata dal marito – e mamma: i figli
dovrebbero essere il bene più prezioso per le madri ma Caterina è un’eccezione.
“(…) Da quando sono diventata madre la mia vita è
cambiata, non sono più io… È come se mi fossi persa in questa maternità”.
Caterina si butta tra le braccia possenti e sporche di
Nadir, si fa violenza – forse una violenza ancora più grande di quella che
subiva da Antonio – e abbandona i due figli piccoli per abbracciare l’illusione
di una passione - una passione malata.
“Sua madre le aveva insegnato ad avere paura, e lei a un certo
punto, senza nemmeno accorgersene, aveva risposto non avendone più. Era anche
colpa sua se si trovava in quella situazione: forse era giusto che tutte le
madri avessero delle colpe, che a un certo punto diventassero il capro
espiatorio dei propri figli”.
La scordanza (Rizzoli), il romanzo d’esordio della materana Dora
Albanese, è un libro dall’impatto emotivo molto forte e dalla fisicità
altrettanto marcata. Ci sono gli odori – quelli sgradevoli di un uomo
trascurato, di una stalla sporca, del sangue –, le sensazioni – su tutte,
quella di un seno dolorante pieno di latte che però non può più sfamare nessuno
– i suoni – il pianto sconsolato di un bambino che vuole essere allattato.
La scordanza è ambientato negli anni Ottanta in Basilicata anche se è
pieno di retaggi e credenze che da sempre accompagnano questa terra magica e
straziante.
Le donne alternano le preghiere del rosario alle formule
per scacciare il malocchio; gli uomini sono pronti a uccidere per uno sguardo
di troppo; nel bosco, nascoste tra i calanchi, le fattucchiere preparano filtri
d’amore. E poi c’è un ruscello, una “fiumara”, che per chi l’attraversa segna
il confine invisibile tra dentro e fuori, tra vita e morte, tra ricordo e
dimenticanza.
La scelta estrema di Caterina si può comprendere ma non
giustificare. E La scordanza fotografa
situazioni che non sono poi così rare in certi piccoli paesi lucani dove la
questione femminile è purtroppo ancora tutta da affrontare.
Dora Albanese è a tratti spietata nella descrizione di
una storia che travolge e commuove. Una storia, scomoda e bellissima, che non
lascia indifferenti e che rimane dentro a lungo. Soprattutto se si è donne.
Come è nata la trama
del suo romanzo, La scordanza?
“Nasce da una storia vera, dai racconti di molte donne e
poi da un fiume immaginario che molte anziane credevano di poter attraversare
dopo morte”.
Lei è mamma. Quanto è
stato difficile descrivere una madre probabilmente disturbata, sicuramente
disturbante coma Caterina?
“Non è stato difficile, è stata una prova dura
certamente. Caterina è disturbata sì ma dai luoghi comuni”.
Non ha avuto timore
di esagerare, di essere stata troppo dura nella descrizione di Caterina?
“No, ho voluto raccontare l`oscenità di una madre che
appunto decide di uscire fuori dalla scena della maternità per riappropriarsi
di un altro sé”.
Fatta eccezione per
il piccolo Eustachio e nonno Vinicio, gli uomini del suo romanzo sono violenti,
padri padroni addirittura orchi se pensiamo a Nadir. Dagli anni Ottanta -
quando la violenza tra le mura domestiche rimaneva confinata in famiglia- a oggi
- con i casi di femminicidio all'ordine del giorno - sembra che non sia
cambiato molto. È così?
“Certo che è così. Non è cambiato nulla purtroppo. Gli
uomini continuano a credere di poter usare le donne a proprio piacere e di
poter usare sulle donne la stessa violenza di sempre”.
Nel suo romanzo c'è
lo sfondo di una Basilicata arcaica, popolata da credenze e fascinazioni alla
De Martino. Quanto si sente legata alle suggestioni del suo Sud?
“Il sud, il mio sud mi
pervade. È grazie a questa fascinazione che scrivo. Grazie al paesaggio
interiore che conservo”.
Perché ha scelto di
ambientare La scordanza in un paese
immaginario della Basilicata e non in un paese che esiste realmente?
“Muggera è un paese immaginario ma che mette assieme
tutti i paesi più importanti per me: Matera Stigliano la Murgia...”.
A chi si rivolge La scordanza?
“La scordanza si rivolge a chi non ha paura di leggere che
il dolore puzza e che per stare vicino a chi soffre ci vuole amore”.
Dora
Albanese è nata nel 1985 a Matera ma vive a Roma. Da anni collabora con Rai
Uno. Nel 2009 ha pubblicato la raccolta di racconti Non dire madre.
Rossella Montemurro