L'universo femminile tra amore e destino nella Casa delle farfalle. Intervista alla scrittrice Silvia Montemurro
Delicato come una farfalla,
imprevedibile come la vita, dolce come l’amore… La casa delle farfalle (Rizzoli) di Silvia Montemurro è un viaggio
nei sentimenti, nelle contraddizioni del destino che attraversano generazioni
di donne di due famiglie tanto distanti – Italia e Giappone – quanto vicine,
unite dall’irrazionalità dell’amore, da scelte estreme e dolorose, da colpe (o
presunte tali) di madri che ricadono sulle figlie… Sullo sfondo una casa che ha
una stanza dedicata alle farfalle, una casa che “ti ingurgita, ti ammalia”, la
casa dove è vissuta nonna Lucrezia e nella quale Anita torna dalla Germania
dopo aver lasciato il compagno e il lavoro.
Secondo una leggenda
giapponese, le anime dei defunti che ci hanno amato tornano in vita, prendendo
le sembianze di farfalle bianche.
“La vita di una farfalla
è breve. – si legge - Il suo battito d’ali si consuma in pochi giorni. Ma
quegli attimi d’amore rimangono impressi come piccoli istanti di felicità, nel
cuore di chi resta.
Ma vedi, figlia mia, ci
sono fatti che ti segnano e che non puoi cancellare. Te li porterai dietro per
sempre, anche nei momenti più belli della tua vita”.
Tutte le donne della Casa
delle farfalle si portano dietro un carico di dolore che è, appunto,
incancellabile: a iniziare da Lucrezia, alla figlia Margherita fino alla nipote
Anita che nasconde un segreto pesante, capace di averle rovinato la carriera e
la vita personale ed averla costretta a rifugiarsi nel luogo della sua
infanzia, sul lago di Como.
Anita incontra
casualmente una bambina dai tratti giapponesi e dalla voce meravigliosa che
vive poco distante dalla casa delle farfalle. La piccola vive con il padre e si
lega subito ad Anita che però deve affrontare, ogni volta che incontra i due,
l’ostilità di Margherita, contraria alle loro frequentazioni. All’improvviso
riemerge dal passato una storia – la vera storia – che ha coinvolto la nonna
Lucrezia. Scavando nel passato, Anita a poco a poco scopre che la sua famiglia
e quella della bimba giapponese sono indissolubilmente legate. Tutto ha origine
nel 1943, quando la casa di Lucrezia viene occupata da alcuni ufficiali
tedeschi. Tra lei e Will, uno degli ufficiali, nasce una dirompente storia
d’amore, ma la guerra sembra ostacolarli…
La casa delle farfalle è
una storia di donne, spesso sole, in balia dell’amore o dell’illusione
dell’amore, sospese tra il desiderio di essere felici e l’angoscia di poter
soffrire o poter far soffrire. Alla potenza dirompente dei sentimenti femminili
si lega quasi sempre la mancanza di coraggio degli uomini, l’incapacità di buttarsi
nel vuoto in nome dell’amore e rimanere – forse – in una bolla di infelicità e
irrisolutezza. Non tutti gli uomini, per fortuna: alcuni sacrificheranno se
stessi proprio in nome dell’amore.
“Ci sono amori che sono
come piante bellissime: crescono in mezzo al fango, inizialmente non visti. Ma
poi sbocciano e tutti si rendono conto della meraviglia che si sono persi. E ne
diventano quasi gelosi. Allora possono decidere: proteggere la bellezza o
distruggerla. Il loro amore era così. Per quanto facessero, per quanto
provassero, ci sarebbe stato sempre qualcun altro in mezzo a loro. Qualcuno
poco sensibile ai fiori nati sul selciato”.
Con questo romanzo Silvia
Montemurro si affranca dal pubblico di teenagers al quale si era rivolta con
alcuni testi precedenti e, con una trama fitta e appassionante, riesce ad
abbracciare un’ampia platea di lettori: le sue farfalle le permetteranno di
volare ancora più in alto nel panorama letterario.
Come
è nato il romanzo La casa delle farfalle?
“Come nascono tutte le
mie storie: da un'immagine, precisa, nella mia testa, che poi si fa sempre più
ampia. In questo caso tutto è partito con la visione di una bambina giapponese,
appoggiata alla balaustra, davanti al lago di Como, che canta una canzone,
mentre sta calando la sera. Da lì aggiungi il mio amore per le vicende
ambientate durante la seconda guerra mondiale e per le farfalle. Il gioco è
fatto”.
La maggior parte delle
donne della Casa delle farfalle si abbandona ciecamente all’amore salvo poi pagare
uno scotto troppo grande. Perché ha scelto percorsi così dolorosi per le donne
che descrive nel suo romanzo?
“Alzi la mano la donna
che non ha mai provato pene d'amore. Io devo ancora conoscerne una, senza tali
ferite. Volevo scandagliare i rapporti amorosi, i motivi per cui certe
relazioni finiscono e le cicatrici che ci lasciano sulla pelle. C'è una donna,
nel mio romanzo, però, che in un uomo trova la propria salvezza. Ognuno ha il
proprio percorso”.
Tra
le varie storie narrate, qual è quella che l’ha coinvolta maggiormente?
“Se devo proprio decidere,
quella di Margherita. È una figura forse meno potente delle altre, ma la sua
storia, in particolare il rapporto controverso con la madre, mi ha fatto
commuovere mentre scrivevo. Mi sento molto vicina a lei e alla sua fame
d'amore”.
Rispetto
ai suoi ultimi romanzi, essenzialmente Young Adult, La casa delle farfalle si rivolge a lettori più adulti. Questo ha
comportato particolari difficoltà nella stesura?
“Certo. Ogni romanzo
porta con sé difficoltà, che sia rivolto a piccoli o grandi lettori. Questo,
poi, parla di una parte importante della nostra storia. Mi sono dovuta
documentare molto. Ho letto tantissimo”.
È
come se ci fosse una linea sottile tra Italia, Germania e Giappone. C’è anche
una lunga parentesi sulla seconda guerra mondiale: come ha fatto per rendere
realistiche sia le ambientazioni sia le vicende narrate?
“Ho avuto il piacere di
parlare con persone esperte, che mi hanno dato consigli e informazioni, che si
sono aggiunte alle mie reminiscenze della storia studiata sui banchi di scuola.
Non solo: da queste persone ho ricevuto anche materiale inedito sui luoghi da
me prescelti. In particolar modo Iren Briz, figlia di un partigiano di Dongo, è
stata una risorsa preziosa per avere una testimonianza quasi diretta su quello
che successe. Anche lo stesso Museo della fine della guerra, a Dongo, mi è
stato molto utile”.
Le
farfalle occupano un ruolo di primo piano. Lei descrive minuziosamente le varie
specie. Anche in questo caso, come si è documentata?
“Con molti testi
scientifici, ovviamente. E visitando alcuni tra i più affascinanti farfallari
d'Italia. Un simpatico signore di Tavernerio mi ha aperto il suo privato
farfallario e mi ha illustrato varie specie di lepidotteri che allevava, nonché
il procedimento di trasformazione da bruco a farfalla”.
Prima
che scrivesse questo romanzo, avevano per lei un significato particolare?
“Da bambina ero talmente
affascinata dalle farfalle, che rimanevo ore a leggere le descrizioni accurate
dei lepidotteri e guardarne le immagini. Sì, credo che questo romanzo fosse già
scritto nel mio destino”.
Silvia Montemurro, classe
1987, vive a Chiavenna, piccolo paese in provincia di Sondrio. Nota finora come
autrice Young Adult – tantissime le visualizzazioni sulla piattaforma Wattpad
di Shake My Colors (Sperling &
Kupfer) tra il 2016 e il 2017, si è affacciata nel mondo dell’editoria nel 2013
con L’inferno avrà i tuoi occhi (Newton
Compton), segnalato dal comitato di lettura del Premio Calvino. Nel 2016 ha
pubblicato il romanzo Cercami nel vento
(Sperling & Kupfer), che ha ottenuto il secondo posto al Premio Letterario
Under 30 Città di Como e il Premio Pegaso Città di Cattolica.
Rossella Montemurro