"Torpedone trapiantati", Francesco Abate e la gita con una comitiva di "nati due volte"

Fino a qualche anno fa si diceva che la vita media di un trapiantato di fegato dura dieci anni. E quasi dieci sono gli anni passati dall’intervento di Francesco Abate: “Non ci avevo mai pensato. Come se il trapianto non solo mi avesse evitato la morte a quarantatre anni, ma mi avesse consegnato all’eternità. Invece mi aveva solo messo al passo con tutti gli altri mortali”. È da questa presa di coscienza che inizia Torpedone trapiantati (Einaudi, Stile Libero), la cronaca di una gita di cento trapiantati con le rispettive famiglie.
Una storia vera – quella dell’autore e dei suoi compagni di viaggio – che, a dispetto di un argomento difficile e doloroso da affrontare, in tutti i sensi, è stemperata dalla leggerezza della penna di Abate: la malattia si inserisce nella quotidianità e, per quanto possa sembrare strano, l’ansia, le fobie e persino i lutti rientrano in una routine nella quale non manca il sorriso. I trapiantati, a differenza dei malati di malattie altrettanto gravi ma incurabili, hanno avuto una seconda possibilità costata sangue, sacrificio, impegno e denaro. È così che l’autore ha spiegato la sua nuova condizione alla figlia adolescente piena di rabbia e paure – “la paura di veder morire suo padre, la rabbia di chiudere con me tropo presto e senza pace”. Non è mai facile parlare di malattia, prevale spesso il timore, il disagio, è più comodo relegarla alla stregua di un tabù dei nostri giorni anziché impegnarsi a trovare le parole giuste per renderla parte integrante della vita. Abate lo ha fatto con una delicatezza incredibile e con un’umanità che lascia spiazzati. Nella sua “comitiva di sopravvissuti” – dai caratteri più disparati e legati da un unico fil rouge, quello di essere nati due volte – c’è una sola responsabilità: quella di dover essere felici.
Francesco Abate è nato a Cagliari nel 1964. Ha esordito con Mister Dabolina (Castelvecchi, 1998). Sono seguiti Il cattivo cronista (Il Maestrale, 2003), Ultima di campionato, da un soggetto vincitore del premio Solinas (Il Maestrale, 2004/ Frassinelli 2006), Getsemani (Frassinelli, 2006) e I ragazzi di città (Il Maestrale, 2007). Con Einaudi ha pubblicato Mi fido di te (Stile libero 2007 e Super ET 2015), scritto a quattro mani con Massimo Carlotto, Cosí si dice (2008), Chiedo scusa (con Saverio Mastrofranco, Stile libero 2010 e Super ET 2012 e 2017), Un posto anche per me (2013), Mia madre e altre catastrofi (2016) e Torpedone trapiantati (2018). È fra gli autori dell'antologia benefica Sei per la Sardegna (Einaudi 2014, con Alessandro De Roma, Marcello Fois, Salvatore Mannuzzu, Michela Murgia e Paola Soriga), i cui proventi sono stati destinati alla comunità di Bitti, un paese gravemente danneggiato dalla recente alluvione.
Rossella Montemurro

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