"La casa sul Bosforo" e l'utopia secondo Pinar Selek
“Le strade di alcuni si
separano, quelle di altri si congiungono, ombrose o soleggiate, sinuose o
lineari. A ogni passo, numerose scelte vengono offerte ai viaggiatori. Alcuni
le vedono, altri no.
“L’acqua troverà la sua
strada!”, dicevano.
Ma l’acqua scorre
soltanto in un senso. Come può trovare la strada se incontra un sasso sul suo
cammino? E se si ferma, diventa lago?
E come si fa a seguire la
propria via?”
La
casa sul Bosforo (Fandango, traduzione di Ada Tosatti e
Camilla Diez) è una storia delicata ambientata in una Istanbul fiabesca e
basata sui ricordi d’infanzia dell’autrice, Pinar Selek, trasposti nell’intreccio
amoroso di due coppie lungo un ventennio, dal 1990 al 2001.
La
casa sul Bosforo racconta i cambiamenti di una generazione
prendendo come riferimento la studentessa rivoluzionaria Elif, il musicista
Hasan, Sema in cerca di se stessa e Salih l’apprendista falegname.
Sullo sfondo c’è il
quartiere di Yedikule, rimasto uguale a se stesso nel tempo, carico di storia e
di tradizioni: è qui che la farmacia del papà di Elif, nella quale la ragazza
lavora, diventa lo snodo della varia umanità di Istanbul – persone descritte
con passione, “fotografate” nelle loro attività quotidiane. Le donne sono le
protagoniste assolute con la loro forza e il loro spirito resiliente.
L’utopia è tanta, la
Selek descrive il sogno di una società multietnica nella quale l’odio è
sopraffatto dall’amore, dalla solidarietà, dall’aiutarsi reciprocamente.
Convivono minoranze curde, armene e greche - la resistenza curda è attiva, la
cultura armena presente, ci sono i pogrom contro i greci nel 1955 e durante la
crisi di Cipro.
I grandi temi della
libertà e della giustizia sociale irrompono fin dall’incipit: La casa sul Bosforo comincia con la
denuncia del colpo di Stato del 1980.
Una Istanbul cosmopolita
ma confusa che la Selek conosce bene e può raccontare in presa diretta avendo,
purtroppo, vissuto sulla propria pelle gli esiti di un paese tormentato nel
quale per esprimere idee personali evitando di essere perseguitati è opportuno
farlo in clandestinità
Pinar Selek è nata nel
1971 a Istanbul in una famiglia di sinistra (suo padre fu imprigionato cinque
anni in seguito al colpo di stato del 1980). Sociologa, i suoi lavori hanno
come oggetto le minoranze oppresse dalla Repubblica turca. Nel 1998 comincia
per lei un incubo giudiziario. È accusata di complicità con il PKK, viene
torturata affinché confessi i nomi dei suoi contatti.
Resiste e in prigione
viene a sapere di essere accusata di terrorismo. Malgrado l’annullamento della
condanna e le quattro assoluzioni, l’accanimento politico e giudiziario
continua. È costretta a vivere in esilio dal 2009. Fanno parte del suo comitato
di sostegno composto da circa 4500 persone anche gli scrittori Ohran Pamuk e
Yashar Kemal. Rifugiata politica in Francia, Pinar Selek ha insegnato
all’Università di Strasburgo.
Rossella Montemurro