"Il patto sporco": il sostituto procuratore Nino Di Matteo racconta il significato di alcune delle stragi che hanno sconvolto l’Italia negli ultimi trent’anni
“(…) C’è chi spara
o aziona il congegno esplosivo e c’è chi un minuto dopo si adopera
già per impedire o deviare l’accertamento della verità. I ruoli,
i compiti sono diversi ma complementari. Resta
il rammarico e la rabbia di essere spesso riusciti a individuare i
killer ma mai chi, nello stesso momento, ha lavorato per sottrarre agli
inquirenti e ai giudici elementi fondamentali di conoscenza”.
Nino Di Matteo,
sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, si
racconta in una lunga intervista a Saverio Lodato, tra i più autorevoli
giornalisti italiani in materia di mafia, antimafia e Sicilia.
Il patto sporco. Il processo Stato-Mafia nel racconto
di un suo protagonista
(Chiarelettere, collana Principio Attivo) è la descrizione, lucida e
dettagliata, del senso di alcune delle stragi che hanno sconvolto l’Italia
negli ultimi trent’anni. Un significato che, purtroppo, va ben oltre le
apparenze, oltre quello che avrebbero voluto farci credere: perché nelle ricostruzioni
di Di Matteo, gli attentati a Lima, Falcone, Borsellino, le bombe a Milano,
Firenze, Roma, gli omicidi di valorosi commissari di polizia e ufficiali dei
carabinieri, hanno una regia occulta. Da un lato lo Stato in ginocchio,
dall’altro uomini che, proprio in nome dello Stato, dialogavano con il nemico.
Perché i segreti dello Stato, conosciuti da latitanti del calibro di Matteo
Messina Denaro, sono una straordinaria arma di ricatto – nonché la spiegazione
della latitanza dello stesso Messina Denaro…
Leggendo Il patto sporco
ci si rende conto della doppiezza di uno Stato che non ha esitato a sacrificare
i suoi uomini: anni di silenzi, depistaggi, pressioni ai massimi livelli (anche
dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) qui documentati,
finalizzati a intimidire e a bloccare le indagini. Verrebbe voglia di non
credere a ciò che scritto è ma le circostanze descritte sono supportate da riscontri che tolgono anche la minima incertezza.
Il tutto
all’indomani della sentenza di condanna di Palermo che, contro l’opinione di
molti “negazionisti”, ha provato che la trattativa non solo ci fu ma non evitò
altro sangue. Anzi, lo provocò. Una sentenza che per la prima vota accosta il
protagonismo della mafia a Berlusconi esponente politico, e per la prima volta
carabinieri di alto rango, Subranni, Mori e De Donno, sono ritenuti colpevoli
di aver tradito le loro divise. Troppi i non ricordo e gli errori di politici e
forze dell’ordine dietro vicende altrimenti inspiegabili come l’interminabile
latitanza (43 anni!) di Provenzano, la cattura di Riina e la mancata
perquisizione del suo covo, il siluramento del capo delle carceri, Nicolò
Amato, la sospensione del carcere duro per 334 boss mafiosi.
Una sentenza
storica grazie alla quale le istituzioni appaiono più forti evidenziando
complicità e della convivenza segreta con la mafia.
Sul suo ruolo –
pericoloso, scomodo ma cruciale -, Di Matteo scrive: “(…) Ho fatto quello che
mi piaceva fare. L’ho fatto incorrendo in errori, affrontando momenti difficili,
provando delusioni cocenti. Ma l’ho sempre fatto riuscendo a non subire i
condizionamenti, interni ed esterni, che comunque non sono mancati”.
Il patto sporco
si legge d’un fiato e lascia sbigottiti.
Nino Di Matteo è
stato Sostituto procuratore della Repubblica a Caltanissetta e poi a Palermo.
Ha indagato sulle stragi dei magistrati Chinnici, Falcone, Borsellino e delle
loro scorte, e sull’omicidio del giudice Saetta. Pm in processi a carico
dell’ala militare di Cosa Nostra, si è occupato anche dei processi a Cuffaro,
al deputato regionale Mercadante, al funzionario dei servizi segreti D’Antone,
e alle “talpe” alla procura di Palermo. Diverse amministrazioni comunali (tra
queste Roma, Milano, Torino, Bologna, Genova) gli hanno conferito la cittadinanza
onoraria per il suo impegno nella ricerca della verità. È autore dei libri
“Assedio alla toga” (con Loris Mazzetti, Aliberti) e “Collusi” (con Salvo
Palazzolo, Rizzoli).
Saverio Lodato per
trent’anni è stato inviato de “l’Unità” in Sicilia e oggi scrive sul sito
antimafiaduemila.com. Ha scritto: “Avanti mafia!” (Corsiero Editore);
“Quarant’anni di mafia” (Rizzoli); “I miei giorni a Palermo” (con Antonino
Caponnetto, Garzanti); “Dall’altare contro la mafia” (Rizzoli); “Ho ucciso
Giovanni Falcone” (con Giovanni Brusca, Mondadori); “La linea della palma” (con
Andrea Camilleri, Rizzoli); “Intoccabili” (con Marco Travaglio, Rizzoli); “Il
ritorno del Principe” (con Roberto Scarpinato, Chiarelettere); “Un inverno
italiano” (con Andrea Camilleri, Chiarelettere); “Di testa nostra” (con Andrea
Camilleri, Chiarelettere).
Rossella Montemurro