"La straniera": le donne di Claudia Durastanti e le sfumature delle diversità
“Fino a qualche tempo fa
i musulmani in India potevano divorziare dalle proprie consorti dicendo la
parola talaq (“divorzio”) tre volte ad alta voce, poi la Corte suprema lo
ha dichiarato incostituzionale. Il ripudio istituzionalizzato sta sparendo: ci
si lascia quando si smette di parlare, ci si lascia dicendo troppo spesso la
stessa cosa, i miei genitori non hanno fatto niente di tutto questo e allora
come fa il linguaggio burocratico a svincolare quello che il linguaggio amoroso
non ha mai legato?”.
Due genitori sordi,
separati, una figlia sballottata tra la Basilicata e Brooklyn, Roma e Londra, in
contesti frammentati nei quali per chiunque sarebbe stato difficile crescere in
maniera strutturata. Eppure, questa ragazzina riesce in ogni luogo a sentirsi a
“casa”, forse per uno spirito di adattamento (o sopravvivenza) sviluppato
precocemente, all’ombra di un padre e una madre che sono riusciti a districarsi
tra mille difficoltà alla ricerca di una vita che fosse il più possibile
normale.
La penna eccezionale di
Claudia Durastanti racconta in La
straniera (La Nave di Teseo) la storia di una famiglia tanto sbilanciata
quanto, a modo suo, unita: una mamma che nel caos degli anni Settanta tenta di
superare il suo handicap, un padre che di girono “costruiva case, di notte
sfasciava matrimoni”, una bambina che si aggrappa a qualsiasi cosa possa
aiutarla a venir fuori dalla confusione del suo (dei suoi) “nido”.
Non c’è pietismo o
indulgenza ma uno sguardo lucido, disincantato, autentico: “I disabili – qualsiasi parola
per definirli è insufficiente, inadeguata – sono una maggioranza nascosta:
nonostante le macchine e le protesi intente a provare che
la morte non esiste, quasi tutti con il tempo perderemo un super potere, che
sia la vista, un braccio o la memoria. L’incapacità di fare cose che dovremmo
saper fare, l’impossibilità di vedere, sentire, ricordare o camminare non è
un’eccezione quanto una destinazione”.
La bambina divenuta
adulta non smette di disegnare ancora nuove rotte migratorie: per studio, per
emancipazione, per irrimediabile amore. Per intenzione o per destino, perlustra
la memoria e ne asseconda gli smottamenti e le oscurità.
La
straniera è il racconto di un’educazione sentimentale
contemporanea, disorientata da un passato magnetico e incontenibile, dalla
cognizione della diversità fisica e di distinzioni sociali irriducibili, e
dimostra che la storia di una famiglia, delle sue voci e delle sue traiettorie,
è prima di tutto una storia del corpo e delle parole, in cui, a un certo
punto, misurare la distanza da casa diventa impossibile.
La straniera del titolo
può essere sia la madre sia la figlia, entrambe figure letterariamente forti,
che ti entrano dentro: bellissime, fragili, delicatamente
diverse – la sordità per la madre, un senso di perenne sradicamento per la
figlia.
Claudia Durastanti
(Brooklyn, 1984) è scrittrice e traduttrice. Il suo romanzo d’esordio Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua
finestra (2010) ha vinto il Premio Mondello Giovani. Il suo libro, Cleopatra va in prigione (2016), è in
corso di traduzione in Inghilterra e in Israele. È stata Italian Fellow in
Literature all’American Academy in Rome. È tra i fondatori dell’Italian
Festival of Literature in London. Collabora con “la Repubblica” e vive a
Londra.
Rossella
Montemurro