"Bianca": nell'esordio di Francesca Pieri un'amicizia tra donne, il desiderio di diventare madre e l'ineluttabilità del destino
“Ancora oggi, nell’esatto
istante in cui mi fermo e sento il mio respiro e mi avverto nella porzione
minima della mia esistenza, io so esattamente il giorno in cui sono nata la
prima volta, il giorno in cui sono morta la prima volta. E ripenso a quanta vita
bisogna masticare in bocca per nutrire la pelle, il sangue, le viscere, le
ossa, i capelli, le unghie, per dirsi umani”.
Ci sono dolori più grandi
di altri che si abbattono all’improvviso cambiando il corso della vita di una
donna.
Bianca
(DeA Planeta), l’esordio di ispirazione autobiografica di Francesca Pieri, è un
viaggio burrascoso nei sentimenti femminili e nelle sfumature della maternità.
“La cronaca quotidiana
delle nostre vite ci riparava dagli ingombri dei reciproci vissuti. Campionesse
di rimpianti, facevamo lo slalom tra le risate improvvise e lo sguardo
distratto delle persone che a malapena sentivamo sfiorarci. Stavamo attente a
non violare l’impegno, mai dichiarato, di coltivare l’amicizia nella quiete
presente”.
Non si frequentano da
tanto Costanza e Silvia, le protagoniste, eppure, a pelle, si sono piaciute
subito. La loro è un’amicizia schietta, sincera, adulta ed è in questo legame
che si fa spazio, come una deflagrazione, l’annuncio di Silvia: diventerà mamma.
Per Costanza, sposata da
anni, quella notizia è una stilettata. Lei, il desiderio di un figlio lo ha
sempre inseguito e la maternità di Silvia – improvvisa, inaspettata perché Silvia
era divorziata e quella gravidanza era il frutto di una notte di passione che
non avrebbe avuto alcun seguito – la rinchiude n una gabbia di sensazioni
contrastanti – invidia, risentimento, incredulità, solitudine, sensi di colpa.
“Mi fidavo di te, ti
sentivo sorella. Sentivo questa comunanza fortissima che mi aveva tolto ogni
copertura e mi faceva desiderare la piena condivisione”.
Dopo tre mesi anche
Costanza rimane incinta e, con Silvia, torna quella spensieratezza che c’era un
tempo: parlano di abitini da scambiare tra le piccole, di esperienze da fare.
Al corso preparto di Silvia è Costanza l’accompagnatrice, la loro attesa si
nutre di speranze e sorrisi. Fino a un punto di non ritorno, a una scelta
obbligata ma terribile che il destino infligge a Costanza: “Mi avevano spiegato
che potevo imparare a parlare, a camminare, a correre, al limite a cadere e a
rialzarmi, a scrivere, a contare, a nuotare, a saltare, a vivere ma non a
diventare madre. (…)”.
L’io narrante, Costanza, non
stringerà mai Bianca (così avrebbe voluto chiamare la sua bambina) tra le
braccia. La sua vita e quella di Silvia prenderanno direzioni opposte: le due
ragazze saranno costrette a guardare le loro vite allo specchio.
La scrittura della Pieri
è profonda, ricercata, introspettiva. Dopo il ritmo lento e ricercato delle
prime cento pagine, c’è un cambio di registro che, riflettendo le sensazioni di
Costanza, emoziona e commuove.
I conflitti e l’angoscia
che si respirano in Bianca ricordano per certi versi Nessuno sa di noi (Giunti) di Simona Sparaco ma la voce della Pieri
ha uno stile molto diverso, più asciutto e diretto.
L’autrice è da alcuni
anni responsabile dell’ufficio stampa di Donzelli Editore.
Bianca sarà presentato
oggi pomeriggio alle 18 a Roma alla RED Tomacelli.
Rossella
Montemurro