"Marìa", una donna tormentata in fuga e un poliziotto in cerca della verità nel nuovo romanzo di Nadia Fusini


“(…) Come si fa a escludere dalla scena umana il sentimento di pietà, di compassione e insieme di meraviglia e di terrore di fronte alla stordita complicità tra la vittima e il carnefice: perché non v’è dubbio, la debolezza della vittima non solo consente ma stimola la violenza del carnefice. Anche in questo caso era chiaro: Marìa era responsabile della ferocia di Giovanni”.

Un poliziotto – uno che ne ha passate tante, “assassini che, a vederli, gli avresti affidato tuo figlio” - ascolta la confessione di una donna – fragile, inerme, con gli occhi liquidi di chi forse ha partorito da poco – e, ascoltandola, con il suo intuito cerca di dare un senso a quelle parole che raccontano una storia toccante e ambigua. È impossibile, seguendo la voce dell’uomo, non rimanere convolti emotivamente dal carico di dolore che si porta dietro Marìa e che getta addosso, senza pudore né filtri, all’agente.

L’eleganza stilistica della Fusini, i picchi poetici, le descrizioni accurate delle psicologie dei personaggi, fanno di Marìa (Einaudi) un romanzo breve che ha nei segreti e nella complessità dell’interiorità la sua ragion d’essere.

Il poliziotto è rapito, soggiogato quasi dall’inconsapevole carisma di Marìa mentre lei, nel suo racconto/confessione che non manca di suscitare anche dubbi, presenta una lucida analisi delle contraddizioni del rapporto vittima/carnefice, alterna ricordi confusi che si sovrappongono descrizioni dettagliate che fanno rabbrividire. E rievoca quando rinunciò a tutto per andare a vivere con quello che sarebbe diventato suo marito e insieme il suo carceriere: le loro notti di amore accanito e la vergogna del giorno dopo, la gabbia della gelosia e il miracolo della libertà che non si compie mai. Ammette di essere finita nel labirinto di una passione tanto ineluttabile quanto assassina. Adesso sta scappando, alla ricerca del suo unico figlio

Da un lato si provano sgomento e tristezza per la storia di Marìa, dall’altro si resta incantati per il modo in cui la Fusini è riuscita a dar voce alle emozioni.

“(…) Nessuna delle vittime che ho incontrato si chiedeva: qual è la ragione dei tormenti che accetto di subire? E così, accettando d subire volontariamente i tormenti, la vittima si trasforma in martire e il dolore che patisce diventa un sacrificio che offre a chissà chi. Che al mondo si soffra, non stupisce nessuno. Stupisce che  in pochi si ribellino allo scandalo del dolore. È proprio questo, che ho imparato”.

Marìa sta fuggendo, il poliziotto sta cercando la verità. Un'indagine psicologica profonda e mortale, come il dirupo in cui tutti i personaggi di questa storia sono destinati a cadere. Marìa è un romanzo intenso che non dà tregua ed evidenzia come tra bene e male esistano stagioni sospese, sfumature che solo alcuni accettano di vedere.

Nadia Fusini, studiosa di Letteratura inglese e comparata, ha curato i due volumi dedicati a Virginia Woolf nei Meridiani Mondadori (1998), nonché più recentemente il Meridiano su John Keats (2019). Alla scrittura delle donne ha dedicato Nomi (Donzelli 1996) e La figlia del sole. Vita ardente di Katherine Mansfield (Mondadori 2012). Tra i suoi romanzi ricordiamo La bocca piú di tutto mi piaceva (Donzelli 1996) e L'amore necessario (Mondadori 2008). Ha pubblicato i saggi Hannah e le altre (2013) e Vivere nella tempesta (2016), entrambi usciti da Einaudi.

Rossella Montemurro

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