"Interno 11": Concita Borrelli e l'analisi dei sentimenti, delle passioni, e delle debolezze umane
“(…) Forse il vero problema che dovrebbe impedire i lunghi legami è che
mentre ieri si progettava insieme, oggi si aspetta distanti.
Con mia moglie ho progettato.
Ma è con l’altra che vivo la condizione dell’attesa, dell’accadrà”.
È bastata una domanda a bruciapelo di Clotilde (“Papà, hai un’altra”?) a
provocare una lunga riflessione, un monologo lucido ma a tratti disperato, una
presa d’atto spietata per l’io narrante di Interno 11 (Mondadori) di Concita
Borrelli.
Un magistrato stimato, sposato a una donna elegante e ancora bella, con due
figli grandi e una vita che vista dall’esterno è praticamente perfetta.
Invidiabile. Eppure lui, da quando ha accanto “l’altra”, ha un’aria svagata, è
distratto, è perso. L’altra è così diversa dalla moglie, è una donna che si è
fatta da sé e che vive alla giornata. Lui probabilmente non è
neanche combattuto tra la moglie e l’amante; sono complementari: la moglie è il
porto sicuro, la certezza di una relazione ventennale scandita da una sorta di
ritualità costante, l’“altra” è il rischio, la capacità di reinventarsi, l’ossigeno.
La domanda di Clotilde lo ha messo in crisi, costringendolo a un confronto
serrato con sé stesso.
“Un padre non può essere anche un maschio che è stato giovane e che
vuole continuare a esserlo. Una madre, sua madre, è anche una donna che oggi
si ritrae per cederle il passo, le scarpe, la beltà. Un passaggio di
testimone tra lei e la madre. Una guerra aperta tra me e lei perché mi ha
perso”.
Quello che avrebbe dovuto essere un esame di coscienza diventa in realtà
una sorta di assoluzione piena. L’impossibilità di scegliere, di assumersi
responsabilità.
La rievocazione innescata dall’implicita accusa della figlia porta Pietro a ripercorrere
le proprie origini e a confrontarle con l’oggi, alternandole alla lucida e
spietata osservazione del nostro tempo. Famiglie ai saggi di pianoforte,
ragazzine con borse griffate che progettano le estati a Panarea, madri nascoste
nei Suv e in sogni pacifici, padri troppo compresi nel ruolo sociale di uomini
arrivati.
A intervallare il racconto, le lettere di Marina, una carcerata condannata a trent’anni per aver ucciso il marito. Il magistrato ne
accoglie la confessione e in cambio le suggerisce la lettura di un romanzo in
cui lei possa rispecchiarsi e trovare conforto: L’amante di Lady Chatterley.
La Borrelli analizza con precisione chirurgica i sentimenti, le passioni,
le debolezze umane. Fin dalle prime pagine cattura il lettore trascinandolo nel
vortice dei pensieri del magistrato, con uno stile raffinato dà voce e corpo ai
suoi tormenti - “(…) Sono un disonesto. Sì. Il punto è che, chi tradisce, il senso di colpa
lo sotterra veloce veloce. Scalzato dalla domanda: se io amo, se io ho piacere,
se mi è accaduta una cosa così bella, come uscirne? Perché uscirne?”
L’epilogo, poi, è inimmaginabile.
Concita Borrelli è nata ad Avellino. Avvocato, giornalista
professionista, autore tv, da vent'anni è impegnata in programmi di successo di
Raiuno. Attualmente è autore di "UnoMattina in famiglia" e
consulente, anche in video, per "Porta a Porta". Collabora con il
quotidiano "il Messaggero". Da Mondadori ha pubblicato, nel
2016, Ricordo quasi tutto,
biografia a quattro mani di e con Fulco Ruffo di Calabria.
Rossella Montemurro