"Poliestere", Luca Bertolotti e la vita da operaio in una fabbrica della Brianza
“Per anni ho abitato il tempo e lo spazio, in cui in seguito ho ambientato Poliestere (Fandango), chiedendomi che
cosa sarebbe rimasto della fabbrica che avevo intorno, di tutta la fatica
spesa, il veleno, la rabbia, la paura, ma anche l’allegria sguaiata, le risate
da spaccarsi le costole, il cameratismo più grossolano.”
È quanto scrive Luca Bertolotti, che aggiunge: “Poliestere è nato per dare una risposta a questa domanda e, nel
farlo, ho dovuto dare un inquilino a questo tempo e questo spazio, Livio
Belotti.”
È nella Brianza profonda delle fabbrichette che lavora Livio Belotti, operaio
specializzato nella verniciatura dei mobili.
Con la crisi del 2008
l’azienda lo lascia a casa e Livio, rifiutandosi di chiedere il sussidio di
disoccupazione, manda in crisi anche la sua storia con Lidia che ha avuto una
figlia, Martina, con un uomo che è scappato come se, anziché avere messo al
mondo un individuo, ne avesse uccisi dieci. A Martina la madre e Livio hanno
insegnato a odiare il lavoro, che mangia il tempo e ti lascia stanco.
Ciondolando in piena
disoccupazione, Livio rincontra Elia, compagno del liceo e di scorribande
quando ancora Livio sognava di diventare pittore: l’amico diversamente da lui è
diventato padroncino grazie a un buon matrimonio e ha preso con sé Danilo,
l’ultimo angolo del loro terzetto giovanile.
A Livio sembra un segno
del destino e presto viene catapultato nell’azienda di Elia, che ha tagliato i
dreadlocks e indossa solo costosissimi maglioni in lana cruda. Ma l’offerta di
lavoro che avrebbe dovuto risolvere tutti i suoi problemi si rivela ben presto
una trappola di straordinari e di sicurezza precaria.
Quando un imprevisto
scombinerà i piani di Elia, solo la loro vecchia amicizia offrirà a questo
scalcagnato terzetto la possibilità di lanciarsi in una nuova avventura.
Dopo La bambina falena, Luca
Bertolotti, classe ’77, torna al romanzo descrivendo il mondo che conosce
meglio, con un’esattezza chirurgica e un sorriso che ricorda la grande commedia
italiana, confermandosi una delle voci più interessanti della narrativa
contemporanea, capace di piegare la sua lingua e il suo stile in una storia
tutta reale di affetti e sentimenti.